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Racconto del trackday Aprilia ad Imola, 8 Aprile 2019

LA MOTO

Quattro cilindri a V di 65 gradi, duecentodiciassette cavalli all'albero, cambio elettronico con doppietta gasante in scalata, freni Brembo che sembrano quelli da MotoGP, sospensioni Ohlins, scarico Akrapovic in carbonio, alette aerodinamiche e prese d'aria sul piedino forcella per raffreddare le pinze freno. Solo a scrivere tutti questi dettagli uno appassionato di moto non puo' far altro che provare un piacere viscerale.

Poi le senti sul rettilineo di Imola (che tanto rettilineo non e') e anche guidate da mezzeseghe qualsiasi sembrano dei prototipi con un sound pazzesco, travolgente, terrificante quando poi ti ci metti su la prima volta e apri il gas.

Quando poi ci monti su, senti una moto rigida, corta, leggera, compatta (il plexiglass fin troppo piccolino! sarebbe buono avere una doppia bolla come quelle che usava Bayliss sulle 998/999 SBK, adesso pare che non vadano piu' di moda ma io ne avrei giovato).

Apri il gas in seconda e terza e la moto non ne vuole sapere di stare giu'! Tanto che io mi chiedo se l'hanno disattivato il sistema anti-impennata, ma evidentemente c'e' e funziona pure bene, perche' la ruota anteriore si alza di poco, la moto si alleggerisce un po' ma resta tutto sorprendentemente controllabile e (dopo un po' che ti sei abituato) anche gustoso -- specie per uno come me a disagio nei monoruota.

Avverto che il limite della moto e' altissimo; le prestazioni stupefacenti -- fino a che non ti abitui un po' (e forse alla fine del terzo turno soltanto ci inizi a prendere un minimo di confidenza) il motore e' cosi' strabordante che fai fatica a concentrarti su altro, ad esempio calibrare i punti di frenata e individuare le traiettorie corrette.

La frenata: potentissima e relativamente facile -- con un dito si tirano staccate poderose con un trasferimento di carico limitato e la moto che resta abbastanza piatta, quindi alla fine poco stancante sulle braccia.

Il cambio elettronico dopo una fase iniziale di smarrimento (di cui parlero' dopo) lo trovo eccellente, di grande aiuto nella guida di una moto cosi' estrema.

LA PISTA

Imola e' bellissima, piena di saliscendi e curve naturali: un amico dice che tutte le modifiche fatte per renderla piu' lenta l'hanno snaturata, pero' io a girarci su criticherei solo le due varianti (alta e bassa); la alta magari e' anche carina da fare ma la bassa, quella prima prima del traguardo, e' decisamente artificiale, stretta, piatta, impossibile da decifrare la prima volta che la vedi.

Pero' ecco, capisco il senso di imporre questo brusco calo della velocita', perche' mi immagino anche che razza di esperienza terrificante deve essere farsi quel finto rettilineo di partenza a velocità supersoniche partendo lanciato dalla curva precedente (Rivazza)

Gia' cosi', ripartendo da fermo dopo la variante bassa, la moto ti sbatacchia tutto quanto quando inizi a piegare per il Tamburello -- e io non ho mai trovato il coraggio di tenere aperto fino ai 200m.

IO, LA MOTO, LA PISTA

Come dicevo prima, nel primo turno non capisco niente del circuito perche' semplicemente vengo sballottato da questo mostro; il secondo e terzo turno capisco finalmente che il cambio elettronico e' fatto davvero bene e non è che devi per forza aprire tutto fino al limitatore per farlo funzionare. Quindi mi sforzo di essere piu' fluido, ma probabilmente dieci anni lontano dalla guida in pista si sentono, mi devo riabituare alla visione un po' traballante della pista, fidarmi di punti di riferimento, cercare di restare calmo nell'uragano insomma, che e' il bello della guida in pista, per cui sono convinto che non serva affatto essere un pazzoide alla Fogarty o Capirossi ma al contrario lucidita' e serenita'.

Il fatto che questa moto abbia prestazioni simili a detta di Max Biaggi a quella con cui lui vinse i suoi mondiali SBK non aiuta certamente la ricerca della "fluidita'"; sono sicuro che se avessi in mano una moto piu' umana com'era la mia Ducati 999S, avrei vita piu' facile anche dopo dieci anni di inattivita'.

Ho apprezzato il circuito insomma, ho visto che avendo piu' tempo a disposizione sarebbe entusiasmante imparare a pennellare l'ingresso nelle Acque Minerali, con quella prima semicurva a destra da affrontare solo chiudendo il gas per poi staccare piu' decisamente all'ingresso della seconda con moto ancora inclinata; oppure in uscita dalla Tosa dare tutto gas, sentire la moto che si alza, spostarsi tutto a sinistra per poi incrociare il lato opposto della pista sullo scollinamento e poi attendere quel pizzico in piu' che l'istinto di conservazione ti suggerisce per far assestare la moto che galleggia un po' e poi staccare per entrare alla Piratella... tutte sensazioni ed intenzioni di cui sento il richiamo ma che resteranno fino a fine giornata troppo sfuggenti, troppo al di la' delle mie capacita' e del mio stato attuale.

Un grosso ostacolo alla comprensione e al godimento della pista e' sicuramente rappresentato dalla mia scarsa dimestichezza con le moto moderne. Avrei gradito un briefing piu' sostanzioso sui vari dispositivi elettronici; dieci anni fa le moto cambiavano solo nell'efficacia delle singole componenti, ma il complesso cambio-frizione-acceleratore funzionava sempre allo stesso modo; eri sempre tu a calibrare il gas in funzione della potenza del motore o la staccata a seconda del feeling che ti restituiva il grip delle gomme e la qualita' dell'insieme pompa-pinza frenante. Non c'era niente che ti aiutasse a non far scivolare l'anteriore nel caso di frenate oltre il limite o ribaltarti all'indietro dopo aperture inavventare del gas.

Ricordo che fu un gran cambiamento per la mia guida in pista quando sulla mia 999S montai la frizione antisaltellamento (tutta meccanica ovviamente) che gia' mi costrinse a cambiare abbastanza radicalmente la conduzione della moto, fidandomi della possibilita' di rilasciare la frizione di botto senza fare doppietta e quindi concentradomi solo sulla frenata.

Adesso invece le moto sono diventate molto piu' complesse, con sistemi di traction control, anti-wheeling, launch control e relativi comandi al manubrio che non sono per niente intuitivi. Ad esempio gli istruttori ci hanno detto che il cambio elettronico funzionava cosi' bene che potevamo usarlo come volevamo, con la frizione o senza.

Io quindi mi metto su e istintivamente inizio a cambiare le marce come ho sempre fatto, quindi lasciando perdere la frizione quando si passa al rapporto superiore ma chiudendo un pelo il gas. In questa situazione il cambio spesso si impunta, nel passaggio seconda-terza il rapporto superiore non entra, io spalanco il gas e la moto ovviamente si imbizzarrisce -- immaginatevi spalancare di botto la seconda con una moto da 217cv!

La mia passata esperienza mi blocca anche all'idea di cambiare senza frizione a regimi che non siano quelli ottimali; quindi quando dico che apro il gas, be' lo apro tutto, aspetto di sentire il motore che canta bello alto prima di fare l'operazione alleggerire gas-cambio-riaprire gas; questo provoca ovviamente un rilascio di potenza pazzesco, e se la marcia entra allora sono monoruota con avantreno che galleggia per parecchi metri, altrimenti schiaffoni che ti sballottano in avanti e poi indietro.

Solo alla fine del primo turno capisco che in realta' posso anche cambiare sottocoppia -- e il cambio funziona perfettamente in questo caso. Finalmente posso inseguire la chimera della fluidita'; gli altri due turni riesco quindi a guidare un po' meglio, cambiando quasi sempre sottocoppia nei tratti guidati e all'occorrenza tirando un po' piu' le marce solo per sentire il gusto di quelle impennate di potenza che ti fanno sentire tanto pilota vero.

Ecco, tutto questo l'ho capito da solo, magari un po' meno di faciloneria da parte degli istruttori mi avrebbe risparmiato un inizio di esperienza cosi' traumatico. Oh che poi ho sentito i commenti degli altri partecipanti, nessuno sembrava cosi' toccato o impressionato -- e' il solito modo di fare latino in cui ci si mostra semrpe superiori o sono io che non andando in pista da 10 anni sono davvero arrugginito?

Parlando poi con gli altri amici, capisco che forse e' piu' la seconda ipotesi quella corretta. C'e' poco da ragionarci, l'esperienza diretta, fisica, e' soverchiante rispetto a tutte le costruzioni intellettuali che puoi farci su; l'essermi preparato (anche fisicamente! andando a correre, facendo esercizi, seguendo una specie di dieta) appunto per questa unica giornata in pista ha avuto un impatto marginale. Come dice Giulia, io poi sono fatto cosi', ogni cosa che affronto ho sempre bisogno di carburare, di affrontarla a pezzi, di immagazzinarla in me volta per volta prima che mi venga spontanea e naturale.

La cosa che piu' mi rammarica dell'intera esperienza e' che non sono riuscito a raggiungere quel livello di confidenza con la moto che mi permettesse di godere di quello che e' l'aspetto piu' gratificante (per me) dell'andare in moto: la piega.

Non ho mai piegato oltre quel certo limite che e' relativamente facile da raggiungere anche in strada; quando dopo la staccata pieghi la moto e a gas chiuso la senti che si sdraia facile, aggrappata all'avantreno, e la punti verso la corda prima di aprire il gas gradualmente e vedere che tutta la linea che hai fatto e' perfetta, pulita, veloce. Questa RSV sicuramente mi permette di fare tutto questo ma al momento degl ingressi in curva sono sempre troppo dannatamente lento per farla piegare oltre un certo limite. E quindi niente, finisco i tre turni cosi', contento per aver sentito cantare un motore incredibile, con l'immagine del tuffo nelle Acque Minerali che mi ricordero' per sempre, ma senza aver mai goduto di nuovo, dopo dieci anni, della sensazione della vera piega in pista.

IL PEZZO MANCANTE

Un giorno dopo aver scritto in fretta questo raccontino, mi sono trovato stamattina camminando verso l'ufficio, a rimuginare su quale fosse effettivamente quella sensazione che mi e' mancata.

Sono passati dieci anni ormai, era a luglio 2010 che ho fatto la mia ultima gara al Pannoniaring sulla mia bellissima Ducati 999s. Questa e' stata l'unica moto "da pista" che ho mai guidato in pratica, ma mi ricordo bene il feeling che mi dava in curva; anzi, piu' che "dare", e' stata una questione di conquistare questo feeling. La moto non mi dava niente, aspettava che fossi io a usarla come si deve. Ma alla fine ce l'avevo fatta; e penso a quanto sia vero quanto scrivevo ieri, riguardo la mia "lentezza" nell'imparare le cose, perche' io in pista ci vado da quando avevo 17 anni; sempre saltuariamente, vero, al massimo una-due volte all'anno nei lunghi periodi in cui la moto prendeva il sopravvento su altri sport, con picchi di 4-5 eventi nel corso del 2003-2004 quando partecipai a diverse gare club in Inghilterra. Ma il punto cruciale della guida in pista, quello che avevo finalmente raggiunto con la 999 e che probabilmente non avevo mai davvero assaporato anche durante il periodo inglese in cui guidavo una Honda CBR600, e' stato sempre qualcosa di elusivo e difficilmente riconducibile al "tempo" (che invece e' il parametro fondamentale per giudicare l'esperienza di gare e trackdays).

Il pezzo che mi e' mancato e' questo:

Arrivo alla staccata prima della curva, deceleri il giusto, ti resta la sensazione di essere un po' troppo veloce ma siccome guardi verso l'interno della curva non ti viene mai il panico di andar dritto; sei con la moto completamente appoggiata sull'anteriore (alla guida della 999 capisci finalmente cosa significa "avantreno granitico" che e' la tipica e scontata definizione che tutti i giornalisti danno alle Ducati di quel tempo), gas chiuso e vedi che riesci ad agganciare il punto di corda con sicurezza e precisione mentre sei finalmente piegato oltre quel punto magico, hai la saponetta che raspa l'asfalto e la moto perfetta, tranquilla in questa posizione sdraiata. Attenzione, il punto cruciale e' questo: gas chiuso, velocita' che sembra troppo elevata all'inizio della piega ma in un istante cambi subito idea e la giudichi perfetta, precisa; il motore che sale di giri perche' adesso sei appoggiato su quella parte di gomma esterna che rende effettivamente minore la circonferenza di appoggio. Dopo la corda inizi a dare gas e passi alla seconda fase, quella in cui senti il motore che prende il sopravvento sulle tue sensazioni.

Ecco questo e' il punto che mi e' mancato; con questa Aprilia sono sempre stato soverchiato dalla velocita' pazzesca, rapidita' nel prendere giri, potenza estrema dell'impianto frenante per cui sono sempre arrivato troppo lento nelle curve, e quindi appena dopo aver iniziato la curva mi rendevo conto che dovevo subito puntare il gas; e quindi addio sensazione magica dell'aumento del numero di giri a moto sdraiata, addio possibilita' di sentire l'asfalto col ginocchio perche' la moto e' gia' piu' bilanciata centralmente anziche' caricata sull'avantreno, pronta a rialzarsi ancora prima di appoggiarsi nella piega estrema da pista.

APRILIA

Se fossi alla ricerca di una supersportiva penso proprio che sceglierei Aprilia, oggi, anche rispetto alla Ducati che resta per me ancora piu' bella ed affascinante. Questo perche' la Ducati di oggi e' ben lontana dalla Ducati con cui io ho iniziato, le Monster col motore due valvole con quel suono che richiamava le 888 e poi le prime 916. Data la diffusione del marchio e' chiaro che manca a Ducati quel pizzico di artigianalita' e ruspanteria che invece trovo in Aprilia, quella voglia di riscatto che li porta ad affrontare la MotoGP, categoria difficilissima, con budget enormemente piu' risicati rispetto a Ducati e KTM.

Ma soprattutto sceglierei Aprilia perche' ho avuto l'altro giorno ad Imola un'esperienza simile a quella che mi porto' a scegliere Moto Guzzi rispetto a KTM. Allora fu la chiacchierata coi fratelli Guareschi e conseguente test della loro V7 (la stessa moto e' stata la base per sviluppare il trofeo monomarca Fast Endurance) a farmi scegliere la moto che mi ha fatto tornare in sella. La loro sincera passione, la genuinita', il vederli correre sulla stessa moto che io uso tranquillamente in citta', ha per me un fascino particolare.

Allo stesso modo, ad Imola si aggirava Massimo Rivola, AD Aprilia, che si e' messo anche lui in tuta e ha girato anche lui in pista; e nella bellissima intervista che gli ha fatto Max Temporali(*) parla a ruota libera di come appoggi incondizionatamente quel matto di Iannone, di come voglia comprarsi una Caponord di seconda mano (l'AD dell'Aprilia che si compra una Aprilia di seconda mano???) per capire dove migliorare questa moto, di come promette che la futura 660 sara' un capolavoro, dell'accenno a un mito di chi ha iniziato ad andare in moto negli anni '80 come me, e cioe' la Tuareg Rally -- nome che vuole resuscitare. Fin qui tutto bello ma magari scontato; chiaramente un AD deve essere carismatico e comunicativo come lui, ma la cosa che non mi aspettavo e' stato vederlo avvicinarsi a me e Giacomo a fine giornata per venirci a salutare. E non solo noi, potenziali clienti; ha salutato il fotografo, ha salutato tutti quelli dell'organizzazione; i cinici potranno dire quello che vogliono, ma una volta che io decido di spendere dei gran soldi per giocattoli di lusso come sono le nostre moto, preferisco darli ad una azienda guidata da una persona cosi'.

(*): altro personaggio che merita una menzione particolare perche' bravissimo ed appassionato come nessun altro della corte di Meda, il padre-padrone ormai del motociclismo italiano da poltrona. Non voglio allungare ulteriormente questo post ma Max e' arrivato ad Imola per i fatti suoi, con un semplice telefonino si e' messo a fare la sua 'diretta Facebook' e ho apprezzato la parlantina incredibile e il pensiero pulito e lineare che gli permette di fare lunghi discorsi e conversazioni con una naturalezza estrema senza un minimo di preparazione! Da cercare anche sulla sua pagina Facebook "Piega e Spiega" la altrettanto divertente e istruttiva chiacchierata proprio con Vittoriano e Gianfranco Guareschi ad Adria, in occasione dei test della V7 Trofeo.

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