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Independent Italian translation of the article from JEAN M. TWENGE at https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2017/09/has-the-smartphone-destroyed-a-generation/534198/

Gli smartphone hanno distrutto una generazione?

Un giorno, la scorsa estate, ho chiamato Athena, una ragazza di 13 anni che vive a Houston, in Texas. Mi rispose dal suo iPhone, ne ha uno da quando aveva 11 anni, e sembrava si fosse appena svegliata. Chiacchierammo delle sue canzoni e delle sue trasmissioni preferite e le chiesi cosa le piaceva fare con i suoi amici. "Andiamo al centro commerciale", disse. "Ti ci lasciano i tuo genitori?", le chiesi ricordando i tempi delle mie scuole medie, nel 1980, quando mi divertivo a trascorrere ore di shopping libera dai miei genitori. "No, ci vado con la mia famiglia", rispose. "Andiamo con mia mamma e mio fratello e cammino poco dietro di loro. Devo solo dire a mia mamma dove vado. E mi devo far vedere ogni ora, oppure ogni mezz'ora".

Queste puntate al centro commerciale sono abbastanza rare, circa una al mese. Più spesso Athena e i suoi amici trascorrono il tempo insieme al cellulare, senza il controllo dei genitori. Diversamente dai teenager della mia generazione, che potevano trascorrere una serata bloccando la linea telefonica fissa a fare gossip, loro parlano su Snapchat, la app che permette loro di inviare immagini e video che velocemente spariscono. Si preoccupano di star dietro a Snapstreaks, che mostra quanti giorni hanno Snapchattato con ognuno degli amici. A volte salvano qualche immagine di un amico particolarmente ridicola. "E' un buon modo per ricattarli", disse Athena. E disse che passa la maggior parte dell'estate sola nella sua stanza col telefono. Questo è il modo di essere alla sua età, disse. "Non abbiamo avuto scelta di una vita senza conoscere l'iPad o l'iPhone. Penso che amiamo gli iPhone più delle persone in carne ed ossa".

Faccio ricerca sulle differenze generazionali da 25 anni, ho cominciato quando avevo 22 anni ed ero un dottorando in psicologia. Tipicamente, le caratteristiche che finiscono per definire una generazione appaiono gradualmente, e senza soluzione di continuità. Modi di pensare e comportamenti che stavano già sviluppandosi, continuano semplicemente a farlo. I Millenniali, per esempio, sono una generazione molto individualista, ma l'individualismo è andato incrementandosi progressivamente a cominciare da molto tempo prima.

Intorno al 2012, notai un repentino cambiamento nei comportamenti e gli stati emozionali. L'andamento moderato dei grafici divenne ripido e molte delle caratteristiche distintive dei Milleniali iniziarono a scomparire. Tornando indietro con i miei studi sulle generazioni fino agli anni 1930, non avevo mai visto nulla di simile.

Il fascino dell'indipendenza, così forte per le generazioni passate, tende a scomparire per i giovani d'oggi. All'inizio pensavo fosse un transitorio, ma l'andamento era stabile, lungo gli anni e le serie dei sondaggi nazionali. I cambiamenti non erano solo nei livelli, ma nel tipo. La maggiore differenza tra i Milleniali e i loro predecessori era nella loro visione del mondo. I giovani d'oggi differiscono dai Milleniali non solo nel loro modo di vedere il mondo, ma in come trascorrono il loro tempo. Le esperienze di ogni giorno sono profondamente diverse da quelle della generazione nata solo pochi anni prima.

Cosa ha causato nel 2012 un tale repentino cambiamento? E stato dopo la grande recessione, che ufficialmente è durata dal 2007 al 2009 ed ha avuto un impatto più forte sui Milleniali che cercavano un posto in uno scenario economico confuso. Ma è stato esattamente quando è stato superato il 50% degli americani che possedevano uno smartphone.

Più osservavo gli studi sulle attitudini e i comportamenti giovanili, più parlavo con giovani come Athena, e più chiaro mi appariva che questa era una generazione formata dagli smartphone e la nascita concomitante dei social media. Ho denominato iGen questa generazione. nati tra il 1995 e il 2012, i membri di questa generazione crescono con i loro smartphones, hanno un account Instagram prima di arrivare alle scuole superiori, e non ricordano tempi senza Internet. I Milleniali son cresciuti con il web anche loro, ma non era costantemente presente nelle loro vite, a portata di mano in ogni momento, giorno e notte. I più anziani membri della iGen erano appena adolescenti quando uscì l'iPhone, nel 2007, e studenti di scuola superiore quando l'iPad arrivò sulle scene, nel 2010. Un sondaggio del 2017 mostra che 3 americani su 4 ha un iPhone.

L'avvento dello smartphone e del suo cugino tablet fu velocemente seguito dalla letteratura sugli effetti deleteri del "tempo allo schermo". Ma l'impatto di questi dispositivi non è stato esattamente valutato, e va oltre le comuni preoccupazioni sulla riduzione degli spazi di attenzione. L'arrivo degli smartphone ha radicalmente cambiato ogni aspetto della vita dei giovani, dalla natura delle loro interazioni sociali alla loro salute mentale. Questi cambiamenti hanno impatto sui giovani in ogni angolo della nazione ed in ogni tipo di abitazione. Il fenomeno si manifesta tra i ricchi e i poveri, tra le varie etnie, nelle città, nelle periferie e nei piccoli paesi. Ovunque ci siano ponti radio, ci sono giovani che vivono attaccati agli smartphone.

A quelli che nostalgicamente ricordano un'adolescenza meno "digitale", questo appare innaturale e problematico. L'obiettivo degli studi generazionali, comunque, non è quello di farsi ispirare dalla nostalgia dei tempi passati; ma è quello di capire come sono i tempi attuali. Alcune mutazioni generazionali sono positive, altre negative, ed altre ancora tutt'e due insieme. Più comodi nei loro letti che in una macchina o ad una festa, i giovani di oggi sono più fisicamente al sicuro di quanto sia mai accaduto in passato. E' molto meno probabile che possano avere un incidente automobilistico e, avendo meno confidenza con l'alcool è meno probabile che ne rimangano vittime.

Psicologicamente, perà, sono più vulnerabili dei Milleniali: i tassi di casi di depressione e di suicidi sono schizzati su dal 2011. Non è un'esagerazione descrivere la iGen come sull'orlo della peggiore crisi di salute mentale negli ultimi decenni. Molte delle cause sono imputabili agli smartphone.

Anche quando un terremoto, una guerra, una rivoluzione tecnologica, un concerto gratuito in piazza gioca un grosso ruolo nel contribuire alla formarzione di un gruppo di giovani, una generazione non è mai caratterizzata da un singolo fenomeno. Il ruolo dei genitori cambia continuamente, così come la scuola e la cultura, e queste cose infuiscono. Ma la doppia nascita degli smartphone e dei social media hanno causato un terremoto di enorme intensità, mai visto prima d'ora, ammesso che sia mai avvenuto in passato. C'è una chiara evidenza che i dispositivi che abbiamo messo nelle mani dei giovani stanno determinando effetti profondi sulle loro vite, rendendoli seriamente infelici.

Nei primi anni del 1970, il fotografo Bill Yates scattò una serie di ritratti al campo di pattinaggio Sweetheart a Tampa, in Florida. In uno, un giovane senza maglietta stava con una grossa bottiglia di menta alcolica nel tascone dei suoi jeans. In un'altra un ragazzo che poteva avere al massimo 12 anni appariva con una sigaretta in bocca. Il campo era un posto dove i ragazzi potevano sottrarsi al controllo dei loro genitori ed abitare un mondo tutto loro, dove potevano bere, fumare, e pomiciare sul retro di un'automobile. In stark black-and-white, the adolescent Boomers gaze at Yates’s camera with the self-confidence born of making your own choices—even if, perhaps especially if, your parents wouldn’t think they were the right ones.

Quindici anni dopo, durante la mia adolescenza come membro della generazione X, fumare aveva perso gran parte del suo fascino, ma l'indipendenza era senz'altro ancora alla moda. Io ed i miei amici ci organizzavamo per prendere la patente il prima possibile, non appena avessimo compiuto i 16 anni ed usando questo traguardo per varcare i confini della nostro quartiere periferico. Se i nostri genitori ci chiedevano "A che ora torni", noi rispondevamo, "A che ora devo tornare?".

Ma il fascino dell'indipendenza, così forte per le precedenti generazioni, svanisce nei giovani d'oggi, che difficilmente escono di casa senza i genitori. Gli studenti dell'ultimo anno delle superiori nel 2015 escono di casa meno di quanto facessero gli studenti del primo anno nel 2009.

I giovani di oggi escono insieme con meno probabilità. Il periodo del corteggiamento iniziale, che la generazione X chiamava "liking", i ragazzi di oggi la chiamano "talking", una definizione paradossale per una generazione che preferisce usare messaggi di testo alle conversazioni normali. Dopo che due giovani hanno "talkato" per un po', possono cominciare ad uscire insieme. Ma solo il 56% degli studenti superiori diplomandi escono insieme nel 2015. Per le generazioni passate la percentuale era dell'85%.

La riduzione del corteggiamento fa coppia con il declino dell'attività sessuale. La riduzione è massima per gli studenti superiori dei primi anni, tra i quali il numero di giovani sessualmente attivi si riduce di almeno il 40% dal 1991. Mediamente, un giovane ha il suo primo rapporto sessuale durante la primavera del penultimo anno di superiori, un anno dopo la media della precedente generazione. Meno giovani sessualmente attivi hanno contribuito ad uno dei più positivi trend degli ultimi anni: la natalità di bambini figli di adolescenti è minima nel 2016, 67% dal suo più recente picco, nel 1991.

Anche guidare, un simbolo della libertà adolescenziale tipica della cultura popolare americana, from Rebel Without a Cause to Ferris Bueller’s Day Off, ha perso il suo fascino per i giovani d'oggi. Praticamente tutti gli studenti delle scuole superiori prendevano la patente nella prima primavera della loro maggiore età; più di un giovane su quattro oggi non ha la patente alla fine delle scuole superiori. Per alcuni, mamma e papà sono così degli ottimi autisti che non c'è bisogno di saper guidare. "I miei genitori mi portano ovunque senza lamentarsi, così prendo sempre passaggi", mi disse uno studente ventunenne di San Diego. "Non ho preso la patente finché mia madre mi disse che avrei dovuto farlo perché non poteva più accompagnarmi a scuola". Così prese la patente sei mesi dopo aver compiuto 18 anni. In conversation after conversation, teens described getting their license as something to be nagged into by their parents—a notion that would have been unthinkable to previous generations.

L'indipendenza costa. C'è bisogno di soldi per mettere la benzina o per una bevanda alcolica. Nei tempi addietro, i ragazzi lavoravano quasi tutti, per finanziare la loro libertà o istruiti dai genitori sul valore dei soldi. La iGen invece non lavora (o gestisce soldi) così tanto. Verso la fine del 1970, il 77% degli studenti di scuola superiore lavoravano per pagarsi gli studi; nella metà del 2010, solo il 55%. Il numero di studenti lavoratori che iniziano le superiori si è dimezzato. Questo declino è aumentato durante la recessione, ma l'impiego dei giovani non è tornato ad aumentare nanche quando la recessione è finita.

Naturalmente rifiutare le responsabilità dell'età adulta non è una novità della iGen. Gen Xers, in the 1990s, were the first to postpone the traditional markers of adulthood. Young Gen Xers were just about as likely to drive, drink alcohol, and date as young Boomers had been, and more likely to have sex and get pregnant as teens. But as they left their teenage years behind, Gen Xers married and started careers later than their Boomer predecessors had.

Gen X managed to stretch adolescence beyond all previous limits: Its members started becoming adults earlier and finished becoming adults later. Beginning with Millennials and continuing with iGen, adolescence is contracting again—but only because its onset is being delayed. Across a range of behaviors—drinking, dating, spending time unsupervised— 18-year-olds now act more like 15-year-olds used to, and 15-year-olds more like 13-year-olds. Childhood now stretches well into high school.

Why are today’s teens waiting longer to take on both the responsibilities and the pleasures of adulthood? Shifts in the economy, and parenting, certainly play a role. In an information economy that rewards higher education more than early work history, parents may be inclined to encourage their kids to stay home and study rather than to get a part-time job. Teens, in turn, seem to be content with this homebody arrangement—not because they’re so studious, but because their social life is lived on their phone. They don’t need to leave home to spend time with their friends.

If today’s teens were a generation of grinds, we’d see that in the data. But eighth-, 10th-, and 12th-graders in the 2010s actually spend less time on homework than Gen X teens did in the early 1990s. (High-school seniors headed for four-year colleges spend about the same amount of time on homework as their predecessors did.) The time that seniors spend on activities such as student clubs and sports and exercise has changed little in recent years. Combined with the decline in working for pay, this means iGen teens have more leisure time than Gen X teens did, not less.

Perciò, cosa fanno tutto il tempo? Sono al telefono, nella loro stanza, soli e spesso sofferenti.

Uno dei paradossi della generazione iGen è che, nonostante trascorrano molto più tempo sotto lo stesso tetto dei genitori, i giovani d'oggi difficilmente possono dire di essere vicini alle loro madri ed ai loro padri di quanto facessero i loro predecessori. "Ho visto miei amici con la loro famiglia, non ci parlano", mi disse Athena. "Dicono solo 'Okay, okay, come vuoi' mentre sono al telefono. Non prestano attenzione alla loro famiglia". Come i suoi amici, Athena è esperta a mettere da parte i suoi genitori così che si possa concentrare sul suo telefono. Trascorre molta parte della sua estate insieme ai suoi amici, ma perlopiù messaggiando o su Snapchat. "Sono stata al telefono più di quanto sia stata con persone dal vivo", disse. "Il mio letto ha come l'impronta del mio corpo".

Anche in questo Athena è rappresentativa. Il numero degli adolescenti che esscono con i loro amici quasi ogni giorno decade di più del 40% dal 2000 al 2015; e il declino è molto marcato negli ultimi tempi. Il problema non è solo che meno ragazzi si incontrano; è che meno ragazzi trascorrono il tempo semplicemente spensierati. Qualcosa che molti giovani usavano fare: i nerd e i fichi, i poveri e i ricchi, gli studenti bravi e i somari. La pista di pattinaggio, il campo di basket, la piscina comunale, i succhiotti sul collo... sono tutti stati rimpiazzati da spazi virtuali accessibili con app e web.

Ci si potrebbe aspettare che i giovani trascorrono molto tempo in questi nuovi spazi perché questo li rende felici, ma molti dati indicano che questo non è vero. Lo studio "Monitoring the Future", sovvenzionato dal National Institute on Drug Abuse e considerato valido a livello nazionale, ha sottoposto a studenti diplomandi più di 1000 domande ogni anno, dal 1975 e ha richiesto a studenti superiori dei primi anni dal 1991. Lo studio chiede agli studenti quanto sono felici e quanto del loro tempo trascorrono per le varie attività, incluse quelle senza schermi, come gli incontri di persona e attività fisica. Recentemente il questionario richiede anche il tempo trascorso per attività con lo schermo, come l'uso dei social media, messaggiare e navigare. I risultati non potrebbero essere più chiari: gli adolescenti che trascorrono più tempo della media sugli schermi è più probabile che siano infelici; quelli che trascorrono più tempo su attività senza schermo è più probabile che siano felici.

Non c'è una sola eccezione. Tutte le attività allo schermo sono legate a minore felicità e tutte le attività senza schermo sono legate a maggiore felicità. Gli studenti delle prime classi superiori che trascorrono 10 o più ore alla settimana sui social media per hanno il 56% di probabilità in più di dichiararsi infelici, rispetto a quelli che frequentano meno i social media. Oggettivamente, 10 ore alla settimana è tanto. Ma quelli che trascorrono dalle 6 alle 9 ore alla settimana sui social media anno ancora il 47% di probabilità in più di dichiararsi infelici, rispetto a quelli che usano i social media ancora di meno. Vale il contrario per coloro che hanno interazioni di persona. Quelli che spendono più tempo della media con i loro amici di persona hanno il 20% di probabilità in meno di dichiararsi infelici rispetto a quelli che cazzeggiano per un tempo minore della media.

Più tempo i giovani trascorrono con gli occhi puntati su uno schermo, più è probabile che riportino i sintomi della depressione. Se si dovesse dare un consiglio per una adolescenza felice stando a questi studi, sarebbe abbastanza facile: spegni il telefono, spegni il computer, e fa' qualcosa che non fa uso di uno schermo. Naturalmente questi studi non provano inequivocabilmente che gli schermi causino infelicità; è possibile che i giovani infelici siano quelli che trascorrono più tempo online. Ma la ricerca recente mostra che il tempo allo schermo, specialmente quello sui social-media, causa senz'altro infelicità. Uno studio chiese a studenti del college con una pagina Facebook di completare un breve sondaggio sul loro telefono durante il corso di due settimane. Avrebbero avuto un messaggio di testo con un link cinque volte al giorno, e avrebbero descritto il loro umore e quanto avevano usato Facebook. Più usavano Facebook, più infelici risultavano, ma sentirsi infelici non portava ad usare di più Facebook.

I siti di social-network promettono di connetterci con gli amici. Ma il ritratto di un adolescente iGen che emerge dai dati è quello di una generazione solitaria, emarginata. Gli adolescenti che visitano i siti di social-networking ogni giorno ma vedono i loro amici di persona meno frequentemente è più probabile che siano d'accordo con la frase "Spesso mi sento solo", "Spesso mi sento isolato dalle cose" e "Spesso desidererei avere più amici". La sensazione di solitudine degli adolescenti ha un picco nel 2013 e rimane alta anche dopo.

Questo non significa necessariamente che, su base individuale, i ragazzi che spendono più tempo online sono più soli dei ragazzi che spendono meno tempo online. I giovani che spendono più tempo sui social media spendono anche più tempo con gli amici di persona, in media. I ragazzi "molto-sociali" sono più sociali in entrambe le modalità, e questo vale anche per quelli "poco-sociali". Ma in generale, quando i ragazzi spendono più tempo al telefono e meno tempo per le relazioni di persona, la solitudine è più comune.

Così è la depressione. Ancora una volta, gli effetti dello schermo sono incontrovertibili: più tempo si passa allo schermo, più è probabile che insorgano i sintomi della depressione. Gli studenti delle prime classi superiori che sono grossi consumatori di social media hanno un incremento della depressione del 27%, mentre quelli che praticano sport, hanno appuntamenti religiosi o perfino dedicano ai compiti a casa più tempo della media, riducono significativamente questo rischio.

I giovani che spendono tre ore al giorno o più a dispositivi elettronici hanno il 35% di probabilità in più di possedere un fattore di rischio di suicidio, come avere un piano per suicidarsi (questo è molto di più del rischio legato, per esempio, al guardare la TV). Un dato che indirettamente ma in modo preoccupante connota i giovani cresciuti nell'isolamento, nel bene e nel male: sin dal 2007, il tasso di omicidi tra i giovani è diminuito, ma il tasso dei suicidi è aumentato. Quando i giovani hanno iniziato a trascorrere meno tempo insieme, è diminuita la probabilità che si ammazzassero tra loro, ma è aumentata la probabilità di suicidio. Nel 2011, per la prima volta in 24 anni, il tasso dei suicidi ha superato quello degli omicidi.

La depressione e i suicidi hanno varie cause: la troppa tecnologia chiaramente non è l'unica. E il tasso di suicidi adolescenziali era perfino più alto nel 1990, ben prima che esistessero gli smartphone. Inoltre, circa quattro volte più americani oggi assumono antidepressivi, che sono spesso efficaci a contrastare i profondi stati depressivi, il disagio più legato ai suicidi.

Qual è la connessione tra gli smartphones e l'apparente disagio psicologico vissuto da questa generazione? Di certo il loro potere di incatenare giorno e notte i ragazzi; inoltre i social media peggiorano il vecchio problema dell'emarginazione adolescenziale. I giovani d'oggi vanno più raramente alle feste e spendono meno tempo insieme di persona, e quando si incontrano documentano puntualmente i loro incontri, su Snapchat, Instagram, Facebook. I non invitati vengono dettagliatamente informati. Di conseguenza, il numero di giovani che si sentono emarginati ha raggiunto valori record. Così come l'incremento della sensazione di solitudine, la improvvisa sensazione di emarginazione è cresciuta repentinamente ed in modo significativo.

Questa tendenza è particolarmente accentuata tra le ragazze. Il numero di ragazze che si sono dette spesso emarginate nel 2015 è cresciuto del 48% rispetto al 2010; al confronto la percentuale per i ragazzi è del 27%. Le ragazze usano i social media più spesso, dando loro maggiori occasioni di farle sentire tagliate fuori e sole quando vedono incontrarsi i loro amici o compagni di classe senza di loro. I social media impongono una tassa psichica anche sugli adolescenti che postano, per il fatto di nutrire ansiosamente aspettative sui commenti e sui like. Quando Athena posta immagini su Instagram, mi disse, "Sono nervosa per cosa la gente pensa e sta per dire. Talvolta mi sento delusa quando non raggiungo un certo numero di like su un'immagine".

Le ragazze sono anche responsabili della maggior parte dell'incremento dei sintomi depressivi tra gli adolescenti di oggi. I sintomi depressivi nei ragazzi sono cresciuti del 21% dal 2012 al 2015, mentre per le ragazze la percentuale sale al 50%, più del doppio. L'incremento nei suicidi, inoltre, è più alto tra le ragazze. Nonostante i valori sono cresciuti per entrambi i sessi, le ragazze dai 12 ai 14 anni si sono uccise tre volte di più dal 2012 al 2015, rispetto ad una crescita doppia nei ragazzi. Il tasso di suicidi è ancora più alto nei ragazzi, in parte perché loro usano metodi più letali, ma le ragazze stanno cominciando a colmare questo divario.

Il fatto che le ragazze sperimentino una maggiore criticità può derivare anche dal fatto che queste sono più esposte a fenomeni di cyberbullismo. I maschi tendono ad essere bulli con modalità che implicano la fisicità, mentre le ragazze tendono a compromettere lo stato sociale o le relazioni delle loro vittime. I social media danno alle ragazze delle scuole medie e superiori una piattaforma sulla quale mettere in atto gli stili di aggressione che preferiscono, emarginando ed escludendo le altre ragazze tutto il giorno.

Le compagnie dei social media sono naturalmente al corrente di questi problemi, e in qualche misura si sono adoperate per prevenire il cyberbullismo. Ma le loro strategie sono, a dir poco, complesse. Un documento riservato Facebook recentemente trapelato indicava che la compagnia sponsorizzava alle agenzie pubblicitarie la sua capacità di determinare le emozioni degli adolescenti in base al loro comportamento on-line, e perfino a isolare "momenti in cui i giovani hanno bisogno di una carica di autostima". Facebook ha riconosciuto l'autenticità del documento ma ha negato di offrire "strumenti per profilare le persone in base al loro stato emozionale".

Nel luglio 2014, una tredicenne del Texas si svegliò sentendo odore di bruciato. Il suo telefono si era surriscaldato e si era squagliato tra le lenzuola. La stampa nazionale diffuse la storia, marcando il fatto che i cellulari potevano spontaneamente prendere fuoco. Per me, comunque, il cellulare che va a fuoco non era il solo aspetto sorprendente della storia. Perché, mi chiedevo, uno dovrebbe dormire con il telefono accanto nel suo letto? Non è che puoi navigare il web mentre dormi. E chi potrebbe dormire profondamente a pochi centimetri da un telefono che vibra?

Curiosa, chiesi a dei miei studenti dell'università di San Diego cosa fanno del loro telefono quando dormivano. Le loro risposte sono state un campionario di ossessioni. Praticamente tutti dormivano con il loro telefono, mettendolo sotto il cuscino, sul materasso, o comunque vicino al letto, a portata di mano. Controllavano i social media prima di dormire e recuperavano il telefono appena svegli al mattino (dovevano farlo per forza, usandolo tutti come sveglia). Il telefono era l'ultima cosa che vedevano prima di andare a letto e la prima cosa che vedevano al risveglio. Se si svegliavano durante la notte, spesso finivano per controllare il telefono. Alcuni usavano un linguaggio da dipendenza. "So che non dovrei, ma proprio non ce la faccio", disse una a proposito del guardare il telefono mentre era a letto. Altri vedevano il telefono come un'estensione del proprio corpo, o perfino come un amante: "Avere il telefono vicino mentre dormo è un piacere".

Può essere un piacere, ma i telefoni stanno rovinando il sonno degli adolescenti. Molti dormono meno di sette ore il più delle notti. Gli esperti dicono che gli adolescenti dovrebbero dormire circa nove ora a notte. Un adolescente che dorme meno di sette ora a notte è significativamente in debito di sonno. Il 57% di adolescenti in più sono in debito di sonno nel 2015 rispetto al 1991. Solo negli anni dal 2012 al 2015, il 22% in più di adolescenti non sono riusciti a dormire per almeno sette ore.

Il periodo in cui avviene l'incremento è sospetto, ancora una volta iniziando allorché la maggior parte degli adolescenti entrano in possesso di uno smartphone. Due studi nazionali mostrano che i giovani che trascorrono tre o più ore al giorno davanti ad un dispositivo elettronico sono il 28% più esposti a dormire meno di sette ore a notte rispetto a quelli che ci trascorrono meno di tre ore al giorno, i giovani che visitano i siti di social media ogni giorno sono il 19% più esposti ad essere in debito di sonno. Una meta-analisi di studi sull'uso dei dispositivi elettronici tra i giovani ha dato simili risultati: i ragazzi che usano un dispositivo prima di andare a letto hanno più probabilità di dormire meno del dovuto, di avere una scarsa qualità del sonno, e più del doppio della probabilità di dormire durante il giorno.

Ho osservato la mia bambina, che ha giusto l'età per camminare, gattonare sicura verso un iPad. I dispositivi elettronici e i social media sembrano avere una particolare abilità a rovinare il sonno. I ragazzi che leggono libri e riviste più spesso della media sono leggermente meno inclini ad avere debito di sonno, sia che si addormentino leggendo che riponendo il libro prima di addormentarsi. Guardare la TV per varie ore al giorno è solo debolmente legato al dormire di meno. Il fascino dello smartphone è spesso troppo forte per resistervi.

Dalla mancanza di sonno scaturiscono molti problemi, inclusa la difficoltà di apprendimento e di concentrazione, tendenza all'affaticamento, acquisto di peso, alta pressione sanguigna. Inoltre influenza l'umore: le persone che non dormono abbastanza sono esposte a depressione e stati d'ansia. Come sempre è complicato individuare le cause e gli effetti. Gli smartphones possono causare la mancanza di sonno, che porta alla depressione; oppure i telefoni possono causare depressione che porta alla mancanza di sonno. Oppure ancora altri fattori possono causare sia la depressione che la mancanza di sonno. Ma è probabile che lo smartphone, con la sua luce blu pulsante nel buio della notte, giochi un ruolo negativo.

La correlazione tra la depressione e l'uso dello smartphone è forte abbastanza da suggerire che più genitori dovrebbero dire ai propri figli di posare i telefoni. Come ha scritto il tecnologo Nick Bilton, è una regola che alcuni dirigenti della Silicon Valley applica. Perfino Steve Jobs limitava ai suoi ragazzi l'uso dei telefoni che lui stesso diffondeva nel mondo.

La posta in gioco non è solo come i ragazzi trascorrono l'adolescenza. E' probabile che la presenza costante degli smartphones influenzi anche la loro età adulta. Tra le persone che soffrono di un episodio di depressione, almeno la metà soffrirà nuovamente di depressione in seguito. L'adolescenza è un momento critico per sviluppare la socialità; dal momento che i giovano trascorrono meno tempo con i loro amici faccia a faccia, hanno meno opportunità di praticare i comportamenti sociali. Nel prossimo decennio, vedremo più adulti che sanno qual è la giusta emoticon per una data situazione, ma non la giusta espressione del volto.

Mi rendo conto che imporre restrizioni sulla tecnologia possa essere irrealistico per una generazione di ragazzi così abituati ad essere costantemente connessi. Le mie tre figlie sono nate nel 2006, 2009 e 2012. Non sono così grandi da mostrare le caratteristiche della generazione iGen, ma ho già potuto constatare di persona quanto i nuovi media siano parte integrante delle loro vite. Ho osservato la mia piccola, che appena cammina, gattonare verso l'iPad. Ho visto la mia bimba di 6 anni chiedere un telefono tutto suo. Ho sentito la mia bimba di 9 anni discutere dell'ultima app per affrontare la quarta elementare. Strappare il telefono dalle mani dei ragazzi può essere difficile, più di quanto sia stato difficile per la generazione dei miei genitori staccare i ragazzi da MTV e mandarli a prendere un po' d'aria fresca. Ma sembra abbastanza urgente esortare i ragazzi ad usare i telefoni responsabilmente, oltre che instillare in loro il valore della moderazione. Effetti concreti sia sulla salute mentale che sul sonno appaiono già dopo due o più ore al giorno di uso di dispositivi elettronici. L'adolescente medio trascorre due ore e mezza sui dispositivi elettronici. Piazzare dei paletti può aiutare i ragazzi a non acquisire abitudini pericolose.

Nelle mie conversazioni con i ragazzi, ho visto segnali incoraggianti sul fatto che loro stessi cominciano a collegare i loro problemi alla continua presenza dei telefoni. Athena mi disse che quando trascorre del tempo con i suoi amici di persona, spesso guardano il loro telefono anziché lei. "Cerco di parlar loro di varie cose, ma loro in realtà non mi guardano", disse. "Guardano il loro telefono, o l'Apple Watch". "Come ti senti quando cerchi di parlare a qualcuno faccia a faccia e lui non ti guarda?", le chiesi. "Ti dà fastidio", disse. "Dà fastidio. So che la generazione dei miei genitori non faceva così. Potrei parlare di qualcosa super-importante per me, ma loro neanche ti ascoltano".

Una volta, mi disse, stava con un'amica mentre questa messaggiava il suo ragazzo. "Cercavo di parlarle della mia famiglia, delle mie cose, e lei faceva una cosa tipo 'Hu-huh, sì, certo'. Così presi il telefono dalle sue mani e lo lanciai contro il muro".

Non riuscivo a smettere di ridere. "Tu giochi a pallavolo", dissi. "Sei una buona lanciatrice". "Sì", rispose.

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